Monthly Archives: gennaio 2012

1980

Nel 1980 a Milano canta Bob Marley, a Mosca ci sono le Olimpiadi, a Washington si insedia Reagan, Kramer contro Kramer vince l’Oscar… e per l’ultima volta il Giappone sperimenta il deficit di bilancia commerciale.
Questo paese ha avuto dalla seconda guerra mondiale fino alla fine del secolo scorso, uno degli sviluppi economici più importanti della storia, basato su tre capisaldi:
1) una tecnologia all’avanguardia, basata su un sistema industriale efficiente e nessuna dipendenza energetica dall’estero;
2) famiglie con i più alti tassi di risparmio del pianeta che hanno utilizzato per finanziare il proprio debito pubblico (il più alto del mondo, ma solo una piccola parte detenuto da stranieri);
3) un’economia basata sul commercio con l’estero: gran parte della produzione veniva esportata.
Tralasciando quello che di gravissimo è successo negli anni ’90 (trappola della liquidità e “decennio perduto” di cui magari parleremo un’altra volta), negli ultimi dieci anni le certezze della seconda economia mondiale sono traballate, sia a livello globale che nella zona del Pacifico. La competizione con paesi della stessa area geografica comincia a farsi sentire: la Cina riesce a produrre a costi decisamente più bassi prodotti di qualità sempre crescente, per non parlare della Corea che in certi settori ha aziende leader. Altro problema è quello legato alle famiglie: i baby boomers, la generazione che ha permesso il salto economico di cui si parlava è ormai in età pensionabile e questo in un paese a bassissima natalità, senza immigrazione e sempre più vecchio comporta dei costi sociali non indifferenti, sancendo soprattutto la fine di una popolazione dedita al risparmio.
Infine quest’anno c’è stato il terremoto di marzo, con tutto ciò che ha comportato. Ma economicamente parlando quello che ne è conseguito è che il Giappone, trovandosi costretto a rinunciare al nucleare si è scoperto non più autosufficiente energeticamente e per un paese industrializzato a tal punto, questo è un danno dalle conseguenze catastrofiche. La prima di queste conseguenze è stata annunciata ieri: per la prima volta in 31 anni la bilancia commerciale è in deficit. A sancire la caduta dell’ultimo caposaldo di un ex sistema vincente.
Dimenticavo: nel maggio del 1980 in Giappone veniva commercializzato per la prima volta Pac-Man… decisamente altri tempi…

Le agenzie di rating

Ogni volta che c’è una crisi o qualcosa che non quadra o che non va come dovrebbe, con una puntualità impressionante vengono tirate in ballo le agenzie di rating. Queste agenzie sono società che svolgono diverse attività (ricerche finanziarie o analisi societarie), ma la più importante è quella di classificare i titoli obbligazionari e la solvibilità (cioè la capacità di rimborsare i debiti) delle società e dei governi. Questi giudizi in pratica classificano gli emittenti in tre classi: Investment Grade (quelli che non dovrebbero avere problemi nel rimborso), High Yield (quelli su cui, concedendogli credito, si sta rischiando un po’ troppo) e Default (quelli che non sono assolutamente in grado di adempiere ai propri impegni). Ovviamente non tutti gli Investment Grade sono uguali (un po’ come a scuola, se si prende 9 o 6 si è sempre sulla sufficienza, ma c’è una bella differenza), quindi ci sono diversi sottovoti (AAA, Aab etc…). Siccome così è ancora poco complicato, ogni agenzia di rating dà voti in modo diverso: ad esempio le migliori società per Standard&Poor’s hanno il giudizio AAA, mentre per Moody’s Aaa (qui le maiuscole e le minuscole contano).
Perchè sono importanti questi giudizi?
Perchè vengono tenute in considerazione nel “prezzaggio” dei titoli obbligazionari, quindi se ad esempio la nostra società fino ad oggi aveva un certo giudizio, qualora venisse downgradata (abbassata di voto) dovrebbe pagare di più per avere un prestito.
Quindi è ovvio che il ruolo di queste società (oltre alle già citate, l’altra importante è Fitch) è fondamentale . I dubbi sul loro operato nascono dal fatto che sono private, quindi è normale sospettare su un’ipotetica influenza da parte dei propri azionisti. Inoltre, sapendo che un loro giudizio influisce immediatamente sui corsi dei titoli delle società valutate, non è neanche lontanissimo dalla realtà ipotizzare situazioni di insider trading (vale a dire in questo caso che se per esempio l’azionista di S&P sa che l’agenzia di rating tra un’ora comunicherà un upgrade di Fiat, quest’azionista comprerà quanti più titoli può di Fiat, in quanto ha un’informazione fondamentale prima di qualsiasi altro). Inoltre ad aggravare la posizione di queste società è la storia recente: nei casi di Parmalat, Lehmann Brothers e Enron, i giudizi erano stati positivissimi fino al giorno prima.
Adesso per la serie che “a pensare male è peccato, ma qualche volta ci si prende”, queste società sono viste come il diavolo, ma ad oggi non sono state trovate alternative adeguate: Basilea II aveva ipotizzato il modello di rating interno, anche questo non immune da critiche; mentre la BCE ha al vaglio il progetto di una società di rating europea (pubblica). Ma per ora niente è cambiato… forse, e questo è l’ultimo pensiero cattivo della giornata, a qualcuno fa comodo così.

 

Liberalizzando

L’estate dei miei undici anni è stata una delle più divertenti. Le mattine si andava al fiume o nei laghetti a pescare, poi i pesci li mettevamo dentro dei secchi e passavamo i pomeriggi uggiosi a ripescarli (vi garantisco che i nostri genitori erano all’ignaro di tutto). Poi la svolta. Non so come ci venne in mente, ma decidemmo di trasformare quel passatempo in un business. Il giovedì si svolgeva un mercato in cui i ragazzi allestivano bancarelle in cui vendevano giocattoli che ormai li avevano annoiati, fumetti straletti o bamboline delle sorelle maggiori (che all’insaputa di tutto le stanno ancora cercando). Noi ci presentammo con un’anfora, i nostri bei pesci nel secchio, una pallina da tennis e un cartello con scritto più o meno così: metti alla prova la tua mira a mille lire e vinci un pesce. La sera i vigili chiamarono i nostri genitori dicendo “venga a riprendere di corsa suo figlio che sta promuovendo un gioco a premi e ha allestito uno stand con animali vivi, il tutto in luogo pubblico e senza alcuna autorizzazione: ha solo 11 anni, che diavolo farà a 30?” Io questo richiamo ufficiale l’ho sempre vissuto come un’ingiustizia, anche perché ero convinto che era stato fatto a causa del fatto che il pubblico era tutto per noi, mentre nessuno si curava degli altri bambini.
Questo è stato il mio primo approccio con la concorrenza e il mercato. Un brutto approccio.
Le liberalizzazioni sono un passaggio necessario per favorire il consumatore e migliorare la concorrenza. Non parlerò qui né dei farmacisti né dei tassisti (due categorie che, sarò l’unico, ma adoro). Quello che mi interessa sono quelle che hanno influenzato parecchio il mercato oggi.
La prima ha riguardato Eni che dovrà vendere molto probabilmente Snam (non può controllare anche la rete). L’annuncio ufficiale probabilmente sarà il 15 marzo, ma si suppone che verrà ceduta alla Cassa Depositi e Prestiti. Conseguenza: oggi Eni è salita (alla luce degli introiti a seguito dell’operazione), mentre Snam no (questo genere di trade scombussolerà l’azionariato e sull’indecisione il mercato punisce).
L’altra riguarda le liberalizzazioni nel segmento dell’RC Auto,  con gli assicurativi che logicamente ne hanno risentito.
Dei sistemi economici conosciuti la concorrenza è quasi sempre il migliore, almeno per il consumatore. Favorirla è un obbligo del regolamentatore, ma è anche diritto di operatore economico far valere le proprie ragioni. Ogni soggetto valuta i suoi interessi. Il mercato è in fondo un soggetto come un altro e il suo unico interesse è premiare chi vince. Quindi in questa fase è apparentemente più facile indovinare chi verrà premiato e chi no. Tradotto: a noi il settore utility non piace…

Il migliore

La cucina francese sarà raffinata, ma la pizza e la pasta sono le nostre. Le donne nordiche sono belle ma freddine, le italiane saranno un po’ snob, ma hanno più classe. Poi l’Italia è il paese più bello del mondo (in fondo in Puglia dicono che “Ce Parigi tenéve u mare iève na pìccole Bare” perchè dargli torto?).
Da oggi siamo i migliori anche in  altro. Oggi la borsa italiana è stata la migliore. In uno scenario globale tra il piatto e il negativo, noi siamo stati fortemente positivi.
Ma perchè?
Il primo motivo e più ovvio è dovuto alla composizione dell’indice. Nel FTSEMIB (il nostro indice, cioè una sintesi di quello che è il sistema economico itliano) il settore bancario è quello che pesa di più. In nessun altro  paese pesa così tanto. Quindi quando a livello globale c’è un attacco ai titoli finanziari, il nostro sarà il mercato che ne risentirà di più. Se invece i titoli finanziari  raccoglieranno consensi allora la nostra borsa sarà quella che ne trarrà maggior vantaggio (facile no?!).
L’altra ragione è data dal fatto che ormai da un po’ di tempo siamo sotto la lente. Non sappiamo se effettivamente ci stiano attaccando o meno, ma di sicuro i volumi (cioè la quantità degli scambi) sono significativi, quindi anche dall’estero stanno arrivando moltissimi ordini a dimostrazione di un certo interesse (positivo o negativo? ai posteri l’ardua sentenza). Come vuole l’inflazionata legge della domanda e dell’offerta, se tanti vogliono comprare qualcosa il prezzo sale.
Se il fattore dominante è il secondo, allora dovremo abituarci a grandi salite e a rapide discese. Nel frattempo godiamoci questa giornata da migliori. Non capita spesso, quindi, se qualcuno si pavoneggerà verrà perdonato… domani è un altro giorno e  non si può pretendere di essere i migliori per sempre.

 

I tre porcellini

In questo periodo ci sono tre banche che non se la passano benone, certo, potevano stare peggio, ma potevano sicuramente stare meglio. Il Monte dei Paschi di Siena (BMPS), per chi non lo sapesse la banca più antica del mondo, ha annunciato che non farà un aumento di capitale. Come se venisse un bambino da voi e così di punto in bianco vi dicesse “non ho mangiato io i biscotti”… che BMPS abbia un sacco di problemi è risaputo, diversi rumors affermano che addirittura la velocità con cui è stato approvato il piano di finanziamento alle banche da parte della BCE sia dipeso da questo. Io non ci credo, anzi sono sicuro che tutto tornerà in ordine in qualche modo, ma nel frattempo il titolo in borsa è ballerino.
L’altra banca con problemi è la Banca Popolare di Milano (BPM). I problemi qui sono prevaentemente legali e amministrativi. Legali perchè ci sono diverse cause in piedi, la più urgente delle quali è con gente che si è vista convertire il titolo di debito in titolo di rischio (non gli ha fatto piacere). Dal punto di vista amministrativo invece in questi giorni c’era da scegliere l’Amministratore Delegato. Il vincitore è stato Piero Montani, manager stimato e apprezzato praticamente da tutti. O meglio da quasi tutti. Infatti gli “amici della Popolare di Milano” l’associazione di dipendenti e soci della banca che ha molto peso in assemblea, non ha gradito per niente questa nomina. Tale risvolto potrà causare grossi cambiamenti. Nel frattempo nella seduta di oggi il titolo è volato.
L’ultimo porcellino è Unicredit (CRDI). Questa settimana è partito l’aumento di capitale. Tecnicamente significa che ai possessori di azioni CRDI veniva assegnato un diritto che gli permetterà di acquistare ad un valore scontato il titolo in questione. Lunedì mattina il diritto è stato venduto da molti, come è normale che avvenga (molti operatori non vogliono partecipare all’aumento, altri non possono per varie ragioni). Poi ieri è salito, in quanto ci si è accorti che comprando un diritto e sommandolo al prezzo di acquisto pre-stabilito, si ha un valore inferiore a quello del titolo in negoziazione (si è arrivati anche ad un guadagno sicuro del 3%… tecnicamente si chiama arbitraggio). Passiamo invece al titolo vero e proprio. Questo nella scorsa settimana è sceso vertiginosamente, così come lunedì, arrivando a registrare anche un -13%. Fra ieri e oggi c’è stata un’ondata di riacquisti (i volumi sono stati i più alti della storia della società), ma perchè? i motivi sono diversi (li potete trovare spiegati dettagliatamente in questo bell’articolo
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-01-11/speculazione-arbitraggi-derivati-scoperto-063824.shtml?uuid=Aawn0fcE&fromSearch ). La ragione più probabile è la chiusura delle posizioni corte che erano state aperte in precedenza: cioè alcuni avevano preso in prestito il titolo per rivenderlo, ora il prezzo è sceso e quindi lo riacquistano per ridarlo alla banca che glielo aveva prestato. Tecnicamente questa operazione è illecita, ma secondo molti non è difficile aggirare la normativa e operare allo scoperto, soprattutto fuori dall’Italia. Altre ragioni sono tecniche, cioè il voler puntare su un titolo che a questi prezzi è appetibile, o strategiche, si pensa che i grandi soci di CRDI abbiano voluto incrementare la loro posizione in questa fase favorevole.
In linea di massima questo è quanto. I tre porcellini hanno appena costruito, ognuno a modo suo la propria casetta. Qualcuno è convinto che sta per arrivare il lupo… voi ci credete alle favole?

“Chi controlla il controllore?” Watchmen

Fitch ha detto che taglierà il rating dell’Italia. Nel frattempo non dice nulla sulla Francia… poi andando a vedere un pochino più a fondo chi controlla Fitch si capisce perchè…

Ma è chiaro che non basta un visconte completo perchè diventi completo tutto il mondo. (Italo Calvino)

Con affetto e sincera stima al Professor Mario Monti.

Derivati

Immaginate di essere degli allevatori di maiali. Ora pensate di volere un maiale adulto, ma non ora, tra 6 mesi (ohi chiedo scusa fin da subito a tutti i “maialisti” in ascolto, ma non son preparato a sufficienza sui suini). Andate da Salvatore (l’allevatore), vedete il maialino che vi piace e fate una proposta del genere “Ciao Salvatore, a me piace questa bestiola,ma la vorrei prendere fra 6 mesi, se ti do X euro, me lo tieni da parte? Poi io fra 6 mesi vengo qui, se mi piace te lo prendo al prezzo Y, altrimenti te lo tieni”. Il buon Salvatore che non è un talento per la matematica accetta e pensa “sarà contenta mia moglie Floriana che è vegetariana”. Adesso passati i 6 mesi gli scenari possibili sono due: il prezzo dei maiali è superiore a Y allora voi date a Salvatore la somma Y (quindi la vostra spesa è stata X+Y); oppure il prezzo dei maiali è diventato inferiore a Y, in questo caso non esercitiamo il nostro diritto all’acquito (tecnicamente opzione call), il maiale ce lo prendiamo da un’altra parte e Salvatore che già si era intascato 6 mesi fa la somma X ha tutto il tempo che vuole per decidere se vendere ad altri il porcellino. L’esempio sui maiali non è casuale: i primi contratti derivati regolamentati conclusi alla borsa di Chicago furono proprio di questo tipo. Ora se invece del maiale ci mettete un’azione o un qualsiasi altro strumento finanziario avrete un’opzione su Fiat ad esempio o sul FTSEMIB (se consideriamo l’indice) ecc… Quindi l’opzione non è altro che un diritto all’acquisto (come nell’esempio) o alla vendita (mettete Salvatore che viene da voi e vi dice “ti do X ora, però tu mi compri, se io vorrò, tra 6 mesi il maialino a Y”). Se invece del diritto avessimo voluto un obbligo a concludere un certo affare a una determinata data avremmo avuto un futures. Potrei fare altri esempi, ma tutto per dire che di strumenti derivati ce ne sono diversi. Sono in pratica titoli che si basano (“derivano”) da altri strumenti finanziari (indici, azioni, obbligazioni, tassi, valute). Che ce ne facciamo di questa roba? L’idea di fondo era quella di avere un mezzo per proteggersi dai rischi di altre operazioni in piedi. Poi con il tempo ci si è resi conto che questa invenzione finanziaria poteva essere utilizzata per guadagnare ancora di più (non è difficile vederli come scommesse). Questa evoluzione/distorsione è una delle cause della crisi attuale. Ma non è il mezzo sbagliato, è l’utilizzo che se ne fa. In fondo la polvere da sparo fu inventata per divertire la gente… solo che non ce lo ricordiamo più.

La Cina si avvicina

Sarà che sono abbonato da parecchio. Sarà l’unicità di leggere un giornale i cui articoli non sono firmati, quasi a voler autorizzare l’affermazione “l’Economist dice”. Sarà il fascino intramontabile di Bagehot. Sarà l’autorevolezza che lo contraddistingue. Sarà una qualsiasi di queste cose, o molte altre, ma The Economist è prima di tutto una fonte inesauribile di dati e di riflessioni.
Nella versione on line http://www.economist.com/blogs/dailychart/2010/12/save_date c’è la possibilità di giocare con i dati di Cina e Stati Uniti, in modo da simulare il momento dell’atteso sorpasso. Poi immediatamente sotto troverete un grafico in cui si possono vedere per varie voci l’anno in cui c’è stato il sorpasso (o quando è previsto esserci). Quella tabella  ci permette di osservare come la Cina si stia allineando alle abitudini di consumo dei paesi più avanzati. Adesso la domanda è: qualora le previsioni dell’Economist fossero corrette, nel momento in cui avverrà il sorpasso, come cambieranno le nostre abitudini? ovvero come si adatterà la Cina al ruolo di punto di riferimento e come ci abitueremo noi al nuovo modello di consumo da seguire? E soprattutto quando la Cina, così come l’India o il Brasile, da stato-outlet diventerà stato-spendaccione, chi produrrà per soddisfare i loro desideri? Direte “Stiamo parlando di cose che avverranno tra almeno quindici anni, possono succedere parecchie cose”. Forse è vero, ma le autorità politiche della Cina non la pensano così e già da parecchi anni stanno operando in Africa, influenzando le decisioni di paesi che in futuro potrebbero essere il loro centro commerciale (cose queste che nei tg non vengono dette). Il mondo sta cambiando e chi cresce di più si sta adattando molto più velocemente dell’Occidente a questi cambiamenti. Stiamo assistendo ad un passaggio di consegne inevitabile, in fondo veniamo da un periodo di anomalia storica (un dislivello di benessere come quello di questi ultimi 200 anni non si era mai verificato), come reagiremo? Io non lo so di sicuro. Ma la curiosità è la penultima a morire. L’ultima è la speranza di aver sbagliato previsione.