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Perchè andate a Basilea?

La notte prima di andare a Basilea eravamo in un locale malfamato di Biel. Durante la serata avevamo conosciuto diversa gente, fra cui un italo-svizzero che si accompagnava a signore con abitini succinti. Ad un certo punto ci chiese dove saremmo andati il giorno seguente e dopo averglielo detto, tutto preoccupato ci disse così “Ma siete impazziti? A Basilea da qualche settimana c’è una faida fra italiani e albanesi. L’altro giorno stavo per entrare in discoteca e il buttafuori mi disse di fargli vedere i documenti. Quando capì che ero italiano mi disse di non entrare. Che ho fatto? facile gli ho sputato. Una rissa che non vi dico, ne hanno parlato tutti i giornali, sia in francese che in tedesco. Forse anche a Lugano. Ma voi perchè andate a Basilea?”
Per un appassionato di economia la questione non si pone. Basilea è una della città più importanti e forse quella in cui più di qualunque altra vengono decise le sorti della finanza mondiale. Lì ha infatti sede la Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS). Questa è la più antica istituzione finanziaria internazionale, nata negli anni trenta al fine di favorire la cooperazione fra le banche centrali e dare quindi indicazioni fondamentali per il sistema bancario mondiale. A questo istituto si devono gli Accordi di Basilea. Il primo di questi accordi (Basilea I) era del 1988, mentre la sua evoluzione, Basilea II, è considerato una delle cause della crisi attuale. Tra le varie cose che questi accordi prevedevano, infatti quello che spiccava maggiormente era di richiedere che il rapporto tra il patrimonio di vigilanza e le attività ponderate per il rischio (operativo, di mercato e di credito) fosse superiore all’8%. Serviva ad evitare che gli istituti di credito si prendessero troppi rischi, ma consentiva loro, ad esempio, di riempirsi di titoli di stato che venivano ponderati allo 0%. Quindi è ovvio che all’alba della crisi dei debiti sovrani dell’area euro, molte banche fossero infarcite di titoli greci, portoghesi o irlandesi. Quindi un meccanismo che avrebbe dovuto sfavorire l’appetito al rischio delle banche ha finito per acuire la crisi più seria dal 1929. Ora si sta pensando ad un Basilea III, la nostra idea è di togliere la ponderazione per il rischio (vista l’impossibilità di valutarlo correttamente). Vedremo come andrà a finire.
Tranquilli, non sarò così falso da dire che siamo andati a Basilea per ragioni economiche. Ma fino a quel giorno per me Basilea significava solo quello che ho scritto. Da quel giorno in poi qualcosa di molto più avventuroso.

Le agenzie di rating

Ogni volta che c’è una crisi o qualcosa che non quadra o che non va come dovrebbe, con una puntualità impressionante vengono tirate in ballo le agenzie di rating. Queste agenzie sono società che svolgono diverse attività (ricerche finanziarie o analisi societarie), ma la più importante è quella di classificare i titoli obbligazionari e la solvibilità (cioè la capacità di rimborsare i debiti) delle società e dei governi. Questi giudizi in pratica classificano gli emittenti in tre classi: Investment Grade (quelli che non dovrebbero avere problemi nel rimborso), High Yield (quelli su cui, concedendogli credito, si sta rischiando un po’ troppo) e Default (quelli che non sono assolutamente in grado di adempiere ai propri impegni). Ovviamente non tutti gli Investment Grade sono uguali (un po’ come a scuola, se si prende 9 o 6 si è sempre sulla sufficienza, ma c’è una bella differenza), quindi ci sono diversi sottovoti (AAA, Aab etc…). Siccome così è ancora poco complicato, ogni agenzia di rating dà voti in modo diverso: ad esempio le migliori società per Standard&Poor’s hanno il giudizio AAA, mentre per Moody’s Aaa (qui le maiuscole e le minuscole contano).
Perchè sono importanti questi giudizi?
Perchè vengono tenute in considerazione nel “prezzaggio” dei titoli obbligazionari, quindi se ad esempio la nostra società fino ad oggi aveva un certo giudizio, qualora venisse downgradata (abbassata di voto) dovrebbe pagare di più per avere un prestito.
Quindi è ovvio che il ruolo di queste società (oltre alle già citate, l’altra importante è Fitch) è fondamentale . I dubbi sul loro operato nascono dal fatto che sono private, quindi è normale sospettare su un’ipotetica influenza da parte dei propri azionisti. Inoltre, sapendo che un loro giudizio influisce immediatamente sui corsi dei titoli delle società valutate, non è neanche lontanissimo dalla realtà ipotizzare situazioni di insider trading (vale a dire in questo caso che se per esempio l’azionista di S&P sa che l’agenzia di rating tra un’ora comunicherà un upgrade di Fiat, quest’azionista comprerà quanti più titoli può di Fiat, in quanto ha un’informazione fondamentale prima di qualsiasi altro). Inoltre ad aggravare la posizione di queste società è la storia recente: nei casi di Parmalat, Lehmann Brothers e Enron, i giudizi erano stati positivissimi fino al giorno prima.
Adesso per la serie che “a pensare male è peccato, ma qualche volta ci si prende”, queste società sono viste come il diavolo, ma ad oggi non sono state trovate alternative adeguate: Basilea II aveva ipotizzato il modello di rating interno, anche questo non immune da critiche; mentre la BCE ha al vaglio il progetto di una società di rating europea (pubblica). Ma per ora niente è cambiato… forse, e questo è l’ultimo pensiero cattivo della giornata, a qualcuno fa comodo così.

 

“Chi controlla il controllore?” Watchmen

Fitch ha detto che taglierà il rating dell’Italia. Nel frattempo non dice nulla sulla Francia… poi andando a vedere un pochino più a fondo chi controlla Fitch si capisce perchè…

Il giorno del giudizio

Come comunicare a casa che il compito in classe non è andato bene? o così “ciao vecchi, ho fatto il compito, agli altri non è andata benone, forse neanche a me”, la reazione dei genitori sarà moderatamente negativa (la strategia del “mal comune mezzo gaudio” ha fatto la fortuna di generazioni di studenti), magari ci sarà una leggera sfuriata iniziale, ma poi coi giorni tutto rientrerà nella normalità. Oppure si può aspettare il giorno della consegna con conseguennte sfuriata molto più grande e dagli esiti impevedibili (ma se il voto è inaspettatamente positivo si è fatta la scelta giusta). Ci sarebbero anche altre due strade: quella greca di non dire assolutamente niente fino a giugno, il giorno della bocciatura; e quella italiana di dire che la colpa è dei professori.
La Francia ha scelto la prima opzione… i mercati stanno scontando un taglio del suo rating, si sa che il giudizio arriverà questa settimana, ma non si sa di preciso quando. Ciò significa che questi giorni si starà tutti alla finestra ad aspettare questo voto… poi certo c’è una possibile guerra in Corea o l’Ecofin che non cela un certo allarmismo, ma quello che si aspetta è il come e il quando verrà giudicata la seconda economia dell’eurozona (che ci dirà veramente in che condizioni versiamo).
I miei da piccolo mi dicevano, “basta che stai sereno e che alla fine porti a casa la promozione”… i miei non hanno mai lavorato per una società di rating.

 

Quando finanza non fa rima con speranza

Se il buon giorno invece che dal mattino si vedesse dal giorno prima tutto sarebbe più facile: mi alzerei prima del solito, attraverserei la strada senza guardare, passerei alla Snai e inviterei a uscire le signore più belle (quelle che a Grignani danno le caramelle); in poche parole mi prenderei più rischi possibile. Ma il mercato non ha un palinsesto e così quella che poteva sembrare una bella giornata si è rivelata una giornata no. Cosa è successo? Semplicemente sabato i leader europei si sono incontrati e hanno stipulato gli accordi che il mercato desiderava: i governi dei vari stati dovranno da ora in poi essere in surplus o in un intorno della parità (cioè il deficit non dovrà eccedere lo 0.5% del PIL nominale); si comincerà a lavorare alla creazione di una politica economica comune, soprattutto fiscale (la cui mancanza è il vero punto debole dell’UE); verrà incrementata la liquidità messa a disposizione dagli stati per risolvere la crisi (tramite prestiti bilaterali al Fondo Mmonetario Internazionale). Logicamente i mercati avrebbero voluto anche sentir parlare di Eurobond, argomento tabù per la Merkel e Sarkozy, o avrebbero preferito che Regno Unito, Svezia e Repubblica Ceca fossero della partita, ma così non è stato e altrettanto logicamente le decisioni prese avranno effetti nel lungo termine (quello in cui saremo tutti morti), mentre qualcuno voleva tutto e subito. Questo qualcuno è Moody’s, l’agenzia di rating che ha affermato ieri in un suo report che senza interventi che stabilizzino il mercato del credito nel breve termine “la zona euro e la più ampia Unione europea rimangono esposte a ulteriori shock”. Tutto ciò, unito all’intenzione della stessa società di rivedere i rating sovrani ha dapprima raffreddato gli umori e successivamente ha gettato gli operatori nello sconforto e sono stati penalizzati i titoli bancari (quindi il FTSEMIB più di altri) riportando anche lo spread di un paese sotto la lente come l’Italia, sopra quota 500. Quindi addio caramelle dalle belle signore anche perché mi hanno investito sulle strisce prima (oh è una metafora non scherziamo)… e così oggi ho imparato che nel migliore dei mondi possibili il buon giorno lo vedi dal mattino, non prima… ma in questo di mondo, forse, il buon giorno lo vedi il giorno dopo.