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La triade impossibile

Il teorema della Triade Impossibile afferma che non possono coesistere contemporaneamente tre fattori: libertà di movimenti di capitale, autonomia della politica economica e stabilità del tasso di cambio. Cioè al massimo possono convivere solo due di loro (tradotto: non puoi avere la botte piena e la moglie ubriaca). L’Unione Europea, lo dice la parola stessa, è un’unione monetaria, vale a dire che abbiamo tutti la stessa valuta, quindi ad esempio non c’è un tasso di cambio fra la Lira e il Marco, non più. Teoricamente la valuta dovrebbe rappresentare tutti i paesi dell’area. Ma ovviamente in Europa non è così e non può esserlo, vista la disomogeneità degli stati che la compongono.
Molti in questo momento stanno ipotizzando di tutto sull’Euro: si parla di creare due valute (una per gli stati ricchi del nord una per quelli in difficoltà del Mediterraneo), si discute se tornare ognuno alle proprie valute (impensabile e inattuabile), ci si chiede se scartando la mela marcia si salvino tutte le altre (Grecia fuori dall’Euro).
Quello che fa riflettere e che non ci si è chiesti è che praticamente la Grecia ha cominciato ad essere trattata come un paese non dell’unione, ma con un cambio 1:1 con l’Euro. E’ strano, ma è così. Se andiamo a guardare la triade, ad ora la Grecia ha un tasso di cambio fisso con l’Euro, ha libertà di movimento di capitali  ma non ha autonomia della politica economica. Non più. Cioè i politici greci devono sottostare a regole imposte dall’esterno. Ancora non si sono fatti un Euro di serie A e un Euro di serie B, intanto si sono cominciati a fare europei di serie A ed europei di serie B. Probabilmente sono situazioni necessarie (anzi, noi ne siamo convinti), ma quando si formò l’Euro questo era uno scenario impensabile (non è un caso che non siano state previste misure per ovviare a situazioni del genere che infatti sono andate puntualmente sottovalutate); come dire: quando l’economia supera la fantasia.

Perchè andate a Basilea?

La notte prima di andare a Basilea eravamo in un locale malfamato di Biel. Durante la serata avevamo conosciuto diversa gente, fra cui un italo-svizzero che si accompagnava a signore con abitini succinti. Ad un certo punto ci chiese dove saremmo andati il giorno seguente e dopo averglielo detto, tutto preoccupato ci disse così “Ma siete impazziti? A Basilea da qualche settimana c’è una faida fra italiani e albanesi. L’altro giorno stavo per entrare in discoteca e il buttafuori mi disse di fargli vedere i documenti. Quando capì che ero italiano mi disse di non entrare. Che ho fatto? facile gli ho sputato. Una rissa che non vi dico, ne hanno parlato tutti i giornali, sia in francese che in tedesco. Forse anche a Lugano. Ma voi perchè andate a Basilea?”
Per un appassionato di economia la questione non si pone. Basilea è una della città più importanti e forse quella in cui più di qualunque altra vengono decise le sorti della finanza mondiale. Lì ha infatti sede la Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS). Questa è la più antica istituzione finanziaria internazionale, nata negli anni trenta al fine di favorire la cooperazione fra le banche centrali e dare quindi indicazioni fondamentali per il sistema bancario mondiale. A questo istituto si devono gli Accordi di Basilea. Il primo di questi accordi (Basilea I) era del 1988, mentre la sua evoluzione, Basilea II, è considerato una delle cause della crisi attuale. Tra le varie cose che questi accordi prevedevano, infatti quello che spiccava maggiormente era di richiedere che il rapporto tra il patrimonio di vigilanza e le attività ponderate per il rischio (operativo, di mercato e di credito) fosse superiore all’8%. Serviva ad evitare che gli istituti di credito si prendessero troppi rischi, ma consentiva loro, ad esempio, di riempirsi di titoli di stato che venivano ponderati allo 0%. Quindi è ovvio che all’alba della crisi dei debiti sovrani dell’area euro, molte banche fossero infarcite di titoli greci, portoghesi o irlandesi. Quindi un meccanismo che avrebbe dovuto sfavorire l’appetito al rischio delle banche ha finito per acuire la crisi più seria dal 1929. Ora si sta pensando ad un Basilea III, la nostra idea è di togliere la ponderazione per il rischio (vista l’impossibilità di valutarlo correttamente). Vedremo come andrà a finire.
Tranquilli, non sarò così falso da dire che siamo andati a Basilea per ragioni economiche. Ma fino a quel giorno per me Basilea significava solo quello che ho scritto. Da quel giorno in poi qualcosa di molto più avventuroso.

1980

Nel 1980 a Milano canta Bob Marley, a Mosca ci sono le Olimpiadi, a Washington si insedia Reagan, Kramer contro Kramer vince l’Oscar… e per l’ultima volta il Giappone sperimenta il deficit di bilancia commerciale.
Questo paese ha avuto dalla seconda guerra mondiale fino alla fine del secolo scorso, uno degli sviluppi economici più importanti della storia, basato su tre capisaldi:
1) una tecnologia all’avanguardia, basata su un sistema industriale efficiente e nessuna dipendenza energetica dall’estero;
2) famiglie con i più alti tassi di risparmio del pianeta che hanno utilizzato per finanziare il proprio debito pubblico (il più alto del mondo, ma solo una piccola parte detenuto da stranieri);
3) un’economia basata sul commercio con l’estero: gran parte della produzione veniva esportata.
Tralasciando quello che di gravissimo è successo negli anni ’90 (trappola della liquidità e “decennio perduto” di cui magari parleremo un’altra volta), negli ultimi dieci anni le certezze della seconda economia mondiale sono traballate, sia a livello globale che nella zona del Pacifico. La competizione con paesi della stessa area geografica comincia a farsi sentire: la Cina riesce a produrre a costi decisamente più bassi prodotti di qualità sempre crescente, per non parlare della Corea che in certi settori ha aziende leader. Altro problema è quello legato alle famiglie: i baby boomers, la generazione che ha permesso il salto economico di cui si parlava è ormai in età pensionabile e questo in un paese a bassissima natalità, senza immigrazione e sempre più vecchio comporta dei costi sociali non indifferenti, sancendo soprattutto la fine di una popolazione dedita al risparmio.
Infine quest’anno c’è stato il terremoto di marzo, con tutto ciò che ha comportato. Ma economicamente parlando quello che ne è conseguito è che il Giappone, trovandosi costretto a rinunciare al nucleare si è scoperto non più autosufficiente energeticamente e per un paese industrializzato a tal punto, questo è un danno dalle conseguenze catastrofiche. La prima di queste conseguenze è stata annunciata ieri: per la prima volta in 31 anni la bilancia commerciale è in deficit. A sancire la caduta dell’ultimo caposaldo di un ex sistema vincente.
Dimenticavo: nel maggio del 1980 in Giappone veniva commercializzato per la prima volta Pac-Man… decisamente altri tempi…

Le agenzie di rating

Ogni volta che c’è una crisi o qualcosa che non quadra o che non va come dovrebbe, con una puntualità impressionante vengono tirate in ballo le agenzie di rating. Queste agenzie sono società che svolgono diverse attività (ricerche finanziarie o analisi societarie), ma la più importante è quella di classificare i titoli obbligazionari e la solvibilità (cioè la capacità di rimborsare i debiti) delle società e dei governi. Questi giudizi in pratica classificano gli emittenti in tre classi: Investment Grade (quelli che non dovrebbero avere problemi nel rimborso), High Yield (quelli su cui, concedendogli credito, si sta rischiando un po’ troppo) e Default (quelli che non sono assolutamente in grado di adempiere ai propri impegni). Ovviamente non tutti gli Investment Grade sono uguali (un po’ come a scuola, se si prende 9 o 6 si è sempre sulla sufficienza, ma c’è una bella differenza), quindi ci sono diversi sottovoti (AAA, Aab etc…). Siccome così è ancora poco complicato, ogni agenzia di rating dà voti in modo diverso: ad esempio le migliori società per Standard&Poor’s hanno il giudizio AAA, mentre per Moody’s Aaa (qui le maiuscole e le minuscole contano).
Perchè sono importanti questi giudizi?
Perchè vengono tenute in considerazione nel “prezzaggio” dei titoli obbligazionari, quindi se ad esempio la nostra società fino ad oggi aveva un certo giudizio, qualora venisse downgradata (abbassata di voto) dovrebbe pagare di più per avere un prestito.
Quindi è ovvio che il ruolo di queste società (oltre alle già citate, l’altra importante è Fitch) è fondamentale . I dubbi sul loro operato nascono dal fatto che sono private, quindi è normale sospettare su un’ipotetica influenza da parte dei propri azionisti. Inoltre, sapendo che un loro giudizio influisce immediatamente sui corsi dei titoli delle società valutate, non è neanche lontanissimo dalla realtà ipotizzare situazioni di insider trading (vale a dire in questo caso che se per esempio l’azionista di S&P sa che l’agenzia di rating tra un’ora comunicherà un upgrade di Fiat, quest’azionista comprerà quanti più titoli può di Fiat, in quanto ha un’informazione fondamentale prima di qualsiasi altro). Inoltre ad aggravare la posizione di queste società è la storia recente: nei casi di Parmalat, Lehmann Brothers e Enron, i giudizi erano stati positivissimi fino al giorno prima.
Adesso per la serie che “a pensare male è peccato, ma qualche volta ci si prende”, queste società sono viste come il diavolo, ma ad oggi non sono state trovate alternative adeguate: Basilea II aveva ipotizzato il modello di rating interno, anche questo non immune da critiche; mentre la BCE ha al vaglio il progetto di una società di rating europea (pubblica). Ma per ora niente è cambiato… forse, e questo è l’ultimo pensiero cattivo della giornata, a qualcuno fa comodo così.

 

“Chi controlla il controllore?” Watchmen

Fitch ha detto che taglierà il rating dell’Italia. Nel frattempo non dice nulla sulla Francia… poi andando a vedere un pochino più a fondo chi controlla Fitch si capisce perchè…

Ma è chiaro che non basta un visconte completo perchè diventi completo tutto il mondo. (Italo Calvino)

Con affetto e sincera stima al Professor Mario Monti.

Il giorno del giudizio

Come comunicare a casa che il compito in classe non è andato bene? o così “ciao vecchi, ho fatto il compito, agli altri non è andata benone, forse neanche a me”, la reazione dei genitori sarà moderatamente negativa (la strategia del “mal comune mezzo gaudio” ha fatto la fortuna di generazioni di studenti), magari ci sarà una leggera sfuriata iniziale, ma poi coi giorni tutto rientrerà nella normalità. Oppure si può aspettare il giorno della consegna con conseguennte sfuriata molto più grande e dagli esiti impevedibili (ma se il voto è inaspettatamente positivo si è fatta la scelta giusta). Ci sarebbero anche altre due strade: quella greca di non dire assolutamente niente fino a giugno, il giorno della bocciatura; e quella italiana di dire che la colpa è dei professori.
La Francia ha scelto la prima opzione… i mercati stanno scontando un taglio del suo rating, si sa che il giudizio arriverà questa settimana, ma non si sa di preciso quando. Ciò significa che questi giorni si starà tutti alla finestra ad aspettare questo voto… poi certo c’è una possibile guerra in Corea o l’Ecofin che non cela un certo allarmismo, ma quello che si aspetta è il come e il quando verrà giudicata la seconda economia dell’eurozona (che ci dirà veramente in che condizioni versiamo).
I miei da piccolo mi dicevano, “basta che stai sereno e che alla fine porti a casa la promozione”… i miei non hanno mai lavorato per una società di rating.

 

L’oroscopo di Olivier

Gli oroscopi, soprattutto quelli di questo periodo, sono tutti uguali e banali,  se sei pesci ti diranno che con l’acquario ti sentirai a casa tua, mentre all’ariete sconsigliano sempre di scornarsi con il capricorno, alla bilancia di stare attenta alla linea, ai gemelli che nn si sentiranno mai soli e dulcis in fundo alla vergine dicono “conoscerai un toro che ti farà provare nuove emozioni”. Anche in finanza il finale d’anno è caratterizzato da regali (belli, meno belli, graditi, reciclati e reciclabili), da propositi e da oroscopi. I propositi in questo periodo vengono da diverse parti, così in Italia c’è una pace politica armata che è stato promesso durerà, in Spagna c’è un nuovo governo che raccoglie sempre più consensi e che ha garantito di far ricominciare la famosa festa durata dieci anni, in Germania si continuerà a fare la voce grossa per difendere gli interessi dei contribuenti tedeschi  così come in Francia, dove il gradimento di Sarkozy è sempre in calo. E poi ci sono gli oroscopi. Oggi ha parlato Olivier Blanchard. Per chi non lo sapesse questo francese è il capo economista del Fondo Monetario Internazionale, l’istituzione che per costituzione deve contribuire a mantenere l’ordine economico mondiale, oltre ad essere l’autore di forse il più famoso testo di macroeconomia utilizzato nelle università di tutto il mondo. E’ consigliere della Fed di Boston e di quella molto più importante di New York. Questo significa che gran parte dei futuri e degli attuali economisti si è formata sulle sue idee, che questo signore influisce in qualche modo sulle decisioni della più grande banca centrale del mondo e che, a prescindere da quello che dice il direttore operativo, la signora Lagarde, è la voce più autorevole di una delle organizzazioni internazionali più importanti. Quindi è facile ipotizzare che quando questo signore parla, i mercati vengano condizionati. Per cui il mercato ha reagito e male quando ha affermato oggi che “Italia e Spagna devono dimostrare di essere solventi” e “le banche devono aumentare i loro ratio patrimoniali”, ma queste sono cose che si sapevano, il suo è stato un po’ come un richiamo, una nota sul diario diciamo. La situazione è precipitata quando Blanchard si è trasformato in Paolo Fox e ci ha regalato (non richiesto) il suo oroscopo per il nuovo anno, dicendo proprio così: anche assumendo che l’Unione Europea gestirà bene la crisi, il prossimo anno “non sarà simpatico”. Buon 2012 da Olivier Blanchard.

 

Ancora non è notte a Cingoli

Nel 1999 il Bayern Monaco, dopo aver segnato nel primo tempo con SuperMario Basler, era sicura di aver ipotecato la vittoria della Champions Leaugue contro il Manchester United. Ormai si era arrivati al 90° e mancava soltanto il recupero. Poi successe l’incredibile, i due nuovi entrati della squadra inglese nel giro di un paio di minuti ribaltarono il risultato smorzando l’urlo in gola dei tifosi tedeschi. In alcune zone delle Marche per smorzare i facili e troppo anticipati entusiasmi utilizzano questa espressione: ancora non è notte a Cingoli, per dire che anche se è buio può ancora succedere di tutto. Oggi era cominciata come quella famosa finale con gol subito e poi in difesa. I mercati erano partiti subito forte, una correzione prevedibile dopo la negatività di ieri, i titoli bancari in ripresa (quasi tutti, visto che UBI, come accennato ieri ha “sclerato” ed è stata negativa tutta la giornata). I dati delle 14.30 non avevano destato particolare preoccupazione. Poi il back-out. Il cigno nero. L’evento che non ti attendi. Proprio alle 16.15. Angela Merkel dichiara di non voler aumentare i limiti superiori per il fondo salvastati europeo. Questo getta tutti nel panico. La Germania è la prima della classe, quella che tira su la media, o almeno crede ancora di esserlo. Ma soprattutto è quella con più soldi e con più potere. Per questo quando la sua Cancelliera fa una dichiarazione del genere non solo viene presa sul serio, ma viene considerata legge. I mercati sono crollati, ma soprattutto l’euro è tornato ai livelli di gennaio, con una rapidità tale da far urlare alcuni all’attacco. Poi senza accorgersene tra urla e capelli strappati sono arrivate le 17.30 e il mercato ha chiuso senza neanche tentare un recupero. E così si resta con l’amaro in bocca, con quella strana sensazione che si ha quando sei convinto di aver portato a casa la partita (la coppa no, tanto domani si rigioca) e all’improvviso, allo scadere, proprio chi non ti aspetti ti pugnala alle spalle. Poi ti affacci fuori dalla finestra, guardi il cielo e ti rendi conto che adesso si, è proprio notte a Cingoli.

 

Quando finanza non fa rima con speranza

Se il buon giorno invece che dal mattino si vedesse dal giorno prima tutto sarebbe più facile: mi alzerei prima del solito, attraverserei la strada senza guardare, passerei alla Snai e inviterei a uscire le signore più belle (quelle che a Grignani danno le caramelle); in poche parole mi prenderei più rischi possibile. Ma il mercato non ha un palinsesto e così quella che poteva sembrare una bella giornata si è rivelata una giornata no. Cosa è successo? Semplicemente sabato i leader europei si sono incontrati e hanno stipulato gli accordi che il mercato desiderava: i governi dei vari stati dovranno da ora in poi essere in surplus o in un intorno della parità (cioè il deficit non dovrà eccedere lo 0.5% del PIL nominale); si comincerà a lavorare alla creazione di una politica economica comune, soprattutto fiscale (la cui mancanza è il vero punto debole dell’UE); verrà incrementata la liquidità messa a disposizione dagli stati per risolvere la crisi (tramite prestiti bilaterali al Fondo Mmonetario Internazionale). Logicamente i mercati avrebbero voluto anche sentir parlare di Eurobond, argomento tabù per la Merkel e Sarkozy, o avrebbero preferito che Regno Unito, Svezia e Repubblica Ceca fossero della partita, ma così non è stato e altrettanto logicamente le decisioni prese avranno effetti nel lungo termine (quello in cui saremo tutti morti), mentre qualcuno voleva tutto e subito. Questo qualcuno è Moody’s, l’agenzia di rating che ha affermato ieri in un suo report che senza interventi che stabilizzino il mercato del credito nel breve termine “la zona euro e la più ampia Unione europea rimangono esposte a ulteriori shock”. Tutto ciò, unito all’intenzione della stessa società di rivedere i rating sovrani ha dapprima raffreddato gli umori e successivamente ha gettato gli operatori nello sconforto e sono stati penalizzati i titoli bancari (quindi il FTSEMIB più di altri) riportando anche lo spread di un paese sotto la lente come l’Italia, sopra quota 500. Quindi addio caramelle dalle belle signore anche perché mi hanno investito sulle strisce prima (oh è una metafora non scherziamo)… e così oggi ho imparato che nel migliore dei mondi possibili il buon giorno lo vedi dal mattino, non prima… ma in questo di mondo, forse, il buon giorno lo vedi il giorno dopo.