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La Cina si avvicina

Sarà che sono abbonato da parecchio. Sarà l’unicità di leggere un giornale i cui articoli non sono firmati, quasi a voler autorizzare l’affermazione “l’Economist dice”. Sarà il fascino intramontabile di Bagehot. Sarà l’autorevolezza che lo contraddistingue. Sarà una qualsiasi di queste cose, o molte altre, ma The Economist è prima di tutto una fonte inesauribile di dati e di riflessioni.
Nella versione on line http://www.economist.com/blogs/dailychart/2010/12/save_date c’è la possibilità di giocare con i dati di Cina e Stati Uniti, in modo da simulare il momento dell’atteso sorpasso. Poi immediatamente sotto troverete un grafico in cui si possono vedere per varie voci l’anno in cui c’è stato il sorpasso (o quando è previsto esserci). Quella tabella  ci permette di osservare come la Cina si stia allineando alle abitudini di consumo dei paesi più avanzati. Adesso la domanda è: qualora le previsioni dell’Economist fossero corrette, nel momento in cui avverrà il sorpasso, come cambieranno le nostre abitudini? ovvero come si adatterà la Cina al ruolo di punto di riferimento e come ci abitueremo noi al nuovo modello di consumo da seguire? E soprattutto quando la Cina, così come l’India o il Brasile, da stato-outlet diventerà stato-spendaccione, chi produrrà per soddisfare i loro desideri? Direte “Stiamo parlando di cose che avverranno tra almeno quindici anni, possono succedere parecchie cose”. Forse è vero, ma le autorità politiche della Cina non la pensano così e già da parecchi anni stanno operando in Africa, influenzando le decisioni di paesi che in futuro potrebbero essere il loro centro commerciale (cose queste che nei tg non vengono dette). Il mondo sta cambiando e chi cresce di più si sta adattando molto più velocemente dell’Occidente a questi cambiamenti. Stiamo assistendo ad un passaggio di consegne inevitabile, in fondo veniamo da un periodo di anomalia storica (un dislivello di benessere come quello di questi ultimi 200 anni non si era mai verificato), come reagiremo? Io non lo so di sicuro. Ma la curiosità è la penultima a morire. L’ultima è la speranza di aver sbagliato previsione.