Category Archives: Glossario Bellico

Il signoraggio

1kg di farina, 2 cubetti di lievito,  4 cucchiai di olio d’oliva, 1 cucchiaino di sale, un pizzico di zucchero, 300 ml di acqua e 300 di latte, 4 mozzarelle e una passata di pomodoro. Sono questi gli ingredienti per quattro pizze margherita. La spesa è irrisoria e alla portata di molti. Ora andare nella mia pizzeria preferita e ordinare una Margherita comporta una spesa di 6.50 € a testa. Il rincaro è clamoroso.
Le attività commerciali sopravvivono con questi rincari.
Adesso vi faccio una domanda: aprite il vostro portafogli, prendete la prima banconota che vi capita sottomano, quanto vale? Cinque euro? Dieci? Un momento un momento, guardiamola per quello che è, stiamo parlando di un pezzo di carta con una stampa su entrambe le facce. Quindi la risposta è: pochissimo. Ecco, la differenza tra il valore di quel pezzo di carta e il valore fiduciario (i 5 o i 10 euro) si chiama signoraggio (che è l’insieme dei redditi che uno stato ottiene emettendo moneta).
Il signoraggio è stato sempre visto come un’entrata per lo stato che si aggiungeva a quella fiscale. In momenti di difficoltà più di una volta diversi paesi si sono finanziati emettendo moneta: generaano introiti nelle casse dello stato ma alimentavano l’inflazione (caso emblematico è quello della Germania degli anni ’20 che diede origine ad un fenomeno di iperinflazione unico nella storia e che è considerato da molti alla base dell’avvento del nazismo). Anche l’Italia ha fatto in diversi momenti ricorso al signoraggio per finanziarsi. Ora però, con la politica monetaria delegata alla BCE, gli introiti per l’Italia si sono ridotti significativamente.
Vi chiederete: ma perché non fare una moneta che abbia il valore che rappresenta? Cioè se la zecca coniasse una moneta di rame del valore effettivo di 5€ allo stato verrebbe levata questa possibilità di lucrare sui suoi debiti (ricordiamoci che il denaro non è altro che la più liquida delle cambiali verso il più solvente e potente dei debitori). Teoricamente non ci sarebbero problemi e infatti inizialmente la moneta rappresentava effettivamente il suo valore nominale, ma i materiali si potevano valutavare e svalutare molto velocemente, al punto da rischiare di andare in giro con un carro semplicemente per trasportare una gigantesca moneta di rame di poco valore. A questo inconveniente si era ovviato sul finire del diciannovesimo secolo con delle monete che avessero intrinsecamente il valore di un metallo prezioso, pur essendo di carta (alcuni ritengono che yen derivi proprio da una traduzione di argento): lo stato doveva dotarsi della quantità di metallo tale da poter corrispondere a qualsiasi cittadino ne facesse richiesta la somma dovuta (ad esempio se io avessi avuto 1000 $, il governo americano doveva essere in grado di convertirlo in oro in ogni momento ne facessi richiesta). Con la crisi petrolifera degli anni ’70 e il prezzo dell’oro schizzato alle stelle, ci si è resi conto che anche questa modalità non era efficiente. Così si è passati alla moneta fiduciaria, che è quella che abbiamo ora. Semplicemente quel foglio che abbiamo accartocciato nelle tasche, vale 5€ perché io so che se vado dal macellaio questi mi darà in cambio 5€ di carne. In breve il valore della moneta è tale perché è condiviso.
Adesso il discorso fatto finora per ovvie ragioni di spazio e di tempo può risultare semplicistico ed effettivamente lo è. Il signoraggio non è scomparso, ci mancherebbe, ad avvantaggiarsene sono gli stati e le banche centrali (e conseguentemente le banche commerciali) che sono le effettive emittenti di moneta, mentre i cittadini sono chiaramente quelli che ci rimettono. Le soluzioni possono essere molteplici, si va da chi propone la possibilità per tutti di emettere moneta (situazione sperimentata agli albori della storia economica, con pessimi risultati), oppure aumentare il ricorso alla moneta elettronica (possibilità questa che però potrebbe portare vantaggi ai soggetti di cui sopra sotto altre forme), o altre soluzioni ancora. L’unica cosa certa è che di questo problema si parla ancora troppo poco. Eppure tutte le volte che andiamo in pizzeria diciamo “certo che con questi prezzi nessuna famiglia può più permettersi una pizza a settimana!”.

Le agenzie di rating

Ogni volta che c’è una crisi o qualcosa che non quadra o che non va come dovrebbe, con una puntualità impressionante vengono tirate in ballo le agenzie di rating. Queste agenzie sono società che svolgono diverse attività (ricerche finanziarie o analisi societarie), ma la più importante è quella di classificare i titoli obbligazionari e la solvibilità (cioè la capacità di rimborsare i debiti) delle società e dei governi. Questi giudizi in pratica classificano gli emittenti in tre classi: Investment Grade (quelli che non dovrebbero avere problemi nel rimborso), High Yield (quelli su cui, concedendogli credito, si sta rischiando un po’ troppo) e Default (quelli che non sono assolutamente in grado di adempiere ai propri impegni). Ovviamente non tutti gli Investment Grade sono uguali (un po’ come a scuola, se si prende 9 o 6 si è sempre sulla sufficienza, ma c’è una bella differenza), quindi ci sono diversi sottovoti (AAA, Aab etc…). Siccome così è ancora poco complicato, ogni agenzia di rating dà voti in modo diverso: ad esempio le migliori società per Standard&Poor’s hanno il giudizio AAA, mentre per Moody’s Aaa (qui le maiuscole e le minuscole contano).
Perchè sono importanti questi giudizi?
Perchè vengono tenute in considerazione nel “prezzaggio” dei titoli obbligazionari, quindi se ad esempio la nostra società fino ad oggi aveva un certo giudizio, qualora venisse downgradata (abbassata di voto) dovrebbe pagare di più per avere un prestito.
Quindi è ovvio che il ruolo di queste società (oltre alle già citate, l’altra importante è Fitch) è fondamentale . I dubbi sul loro operato nascono dal fatto che sono private, quindi è normale sospettare su un’ipotetica influenza da parte dei propri azionisti. Inoltre, sapendo che un loro giudizio influisce immediatamente sui corsi dei titoli delle società valutate, non è neanche lontanissimo dalla realtà ipotizzare situazioni di insider trading (vale a dire in questo caso che se per esempio l’azionista di S&P sa che l’agenzia di rating tra un’ora comunicherà un upgrade di Fiat, quest’azionista comprerà quanti più titoli può di Fiat, in quanto ha un’informazione fondamentale prima di qualsiasi altro). Inoltre ad aggravare la posizione di queste società è la storia recente: nei casi di Parmalat, Lehmann Brothers e Enron, i giudizi erano stati positivissimi fino al giorno prima.
Adesso per la serie che “a pensare male è peccato, ma qualche volta ci si prende”, queste società sono viste come il diavolo, ma ad oggi non sono state trovate alternative adeguate: Basilea II aveva ipotizzato il modello di rating interno, anche questo non immune da critiche; mentre la BCE ha al vaglio il progetto di una società di rating europea (pubblica). Ma per ora niente è cambiato… forse, e questo è l’ultimo pensiero cattivo della giornata, a qualcuno fa comodo così.

 

Derivati

Immaginate di essere degli allevatori di maiali. Ora pensate di volere un maiale adulto, ma non ora, tra 6 mesi (ohi chiedo scusa fin da subito a tutti i “maialisti” in ascolto, ma non son preparato a sufficienza sui suini). Andate da Salvatore (l’allevatore), vedete il maialino che vi piace e fate una proposta del genere “Ciao Salvatore, a me piace questa bestiola,ma la vorrei prendere fra 6 mesi, se ti do X euro, me lo tieni da parte? Poi io fra 6 mesi vengo qui, se mi piace te lo prendo al prezzo Y, altrimenti te lo tieni”. Il buon Salvatore che non è un talento per la matematica accetta e pensa “sarà contenta mia moglie Floriana che è vegetariana”. Adesso passati i 6 mesi gli scenari possibili sono due: il prezzo dei maiali è superiore a Y allora voi date a Salvatore la somma Y (quindi la vostra spesa è stata X+Y); oppure il prezzo dei maiali è diventato inferiore a Y, in questo caso non esercitiamo il nostro diritto all’acquito (tecnicamente opzione call), il maiale ce lo prendiamo da un’altra parte e Salvatore che già si era intascato 6 mesi fa la somma X ha tutto il tempo che vuole per decidere se vendere ad altri il porcellino. L’esempio sui maiali non è casuale: i primi contratti derivati regolamentati conclusi alla borsa di Chicago furono proprio di questo tipo. Ora se invece del maiale ci mettete un’azione o un qualsiasi altro strumento finanziario avrete un’opzione su Fiat ad esempio o sul FTSEMIB (se consideriamo l’indice) ecc… Quindi l’opzione non è altro che un diritto all’acquisto (come nell’esempio) o alla vendita (mettete Salvatore che viene da voi e vi dice “ti do X ora, però tu mi compri, se io vorrò, tra 6 mesi il maialino a Y”). Se invece del diritto avessimo voluto un obbligo a concludere un certo affare a una determinata data avremmo avuto un futures. Potrei fare altri esempi, ma tutto per dire che di strumenti derivati ce ne sono diversi. Sono in pratica titoli che si basano (“derivano”) da altri strumenti finanziari (indici, azioni, obbligazioni, tassi, valute). Che ce ne facciamo di questa roba? L’idea di fondo era quella di avere un mezzo per proteggersi dai rischi di altre operazioni in piedi. Poi con il tempo ci si è resi conto che questa invenzione finanziaria poteva essere utilizzata per guadagnare ancora di più (non è difficile vederli come scommesse). Questa evoluzione/distorsione è una delle cause della crisi attuale. Ma non è il mezzo sbagliato, è l’utilizzo che se ne fa. In fondo la polvere da sparo fu inventata per divertire la gente… solo che non ce lo ricordiamo più.

SPREAD

Come in matematica, anche in economia ci sono degli assiomi. “Non esistono pasti gratis” è uno di questi. Cosa significa? Che ogni cosa ha un prezzo (che può essere espresso in denaro, in tempo libero, in affetto ecc…). Quindi ad esempio nel momento in cui si vuole un mutuo per la nostra casa si deve pagare un premio (il tasso di interesse) a chi ci concede il prestito. Tale premio è commisurato alla nostra rischiosità, cioè alla probabilità che non siamo in grado di rimborsare quanto dovuto. Questo premio è variabile: cambia (o almeno dovrebbe) da soggetto a soggetto in base alla sua capacità attesa (cioè percepita dal prestatore) di essere solvente nel tempo. Come le famiglie, anche gli stati da secoli (primo fra tutti la Repubblica Marinara di Genova) fanno ricorso ai prestiti per finanziare guerre, infrastrutture e ogni sorta di spesa. E come le famiglie anche gli stati non sono tutti uguali e quindi non sono tutti rischiosi alla stessa maniera. Per questo la differenza fra un tasso di interesse che paga uno stato e quello che paga un altro può essere considerata una buona stima della differenza tra la rischiosità dei due paesi. Si è deciso di utilizzare la Germania (storicamente un campione di solidità e di stabilità economica) come sistema economico di riferimento. Quindi quando si parla di “spread” si intende, comunemente, la differenza fra il rendimento di un titolo di stato di un paese con quello tedesco. Perché questo valore cambia costantemente? Facciamo un esempio semplicistico. Un titolo di stato (ipotizziamo uno zero coupon) funziona così: dai 98 oggi e tra un anno lo stato ti rimborsa 100. Ipotizziamo ora che un mese dopo l’acquisto io voglia rivendere il titolo in questione.  Qualora non ci fosse stato niente di particolare e la rischiosità dello stato non fosse mutata, il prezzo a cui lo venderò sarà pari a 98,16 (che altro non è che 1/12 del rendimento che mi sarebbe toccato a scadenza più quanto ho versato). Ma se la rischiosità del paese è aumentata allora chi vorrà acquistare il titolo in mio possesso, vorrà un rendimento maggiore di quello che aveva soddisfatto me un mese fa. Quindi considerando che prenderà un titolo che fra 11 mesi gli rimborserà 100, sarà disposto a pagare un prezzo inferiore al 98,16 di cui sopra. A questo punto è ovvio che i prezzi si muovono in continuazione, quindi controllare costantemente lo spread ha  senso (ripeto, molto semplicistico come discorso, ma la logica è questa) e può essere visto come un termometro della crisi. Sicuramente più attendibile degli avventori ai ristoranti, dove tra l’altro i pasti sono tutt’altro che gratuiti.